. E non serviva altri che se stessa, bevendo avidamente il sangue degli Elfi e degli Uomini, grassa e gonfia per via dell’interminabile rimuginare dei suoi interminabili banchetti, tessendo ragnatele d’ombra ; ogni essere vivente era il suo cibo, e il suo vomito era oscurità ….. “ (1)

Introduzione

L’ordine dei ragni (Araneae, Clerck 1757), classificato nel 1757 dal grande Entomologo e Aracnologo Inglese Carl Alexander Clerck (1709- 1765) , è il gruppo degli Artropodi più diffusi sulla terra. Le loro forme hanno praticamente attraversato ogni grandezza: la loro evoluzione inizia dalle primitive forme che apparvero nel periodo del Permiano fino a quelle gigantesche del periodo Giurassico. I ragni oggi comprendono circa 49.720 specie diverse diffuse in tutto il mondo. Si passa dai giganteschi ragni asiatici ai ragni velenosi come le tarantole, dai piccolissimi ragni che si nascondono nelle nostre case agli acari invisibili agli occhi umani, ma onnipresenti nella polvere, nei cuscini, nelle lenzuola , nei materassi e nei tappeti delle nostre case. I ragni hanno da sempre suscitato un senso di paura e terrore nell’essere umano. Tanto è vero che l’immagine e l’archetipo del mostro – ragno è molto diffusa nelle mitologie, nelle favole e nei racconti dei popoli di tutto il mondo.

Simbologia del ragno e della ragnatela nella mitologia classica Greca e Romana

Il ragno e le ragnatele dal punto di vista simbolico e psicologico rappresentano il lato oscuro della natura e dell’animo umano. Le ragnatele sono infatti l’archetipo della malvagità femminile e maschile. Sono molte le leggende, i racconti, le fiabe e le favole dove il ragno è associato alla stregoneria e alla malvagità umana. In particolare è il tessere la tela, il filare le trame intricate delle spire che simboleggia il lato oscuro dello spirito umano e della Natura, sia essa animale o umana. Tali archetipo e metafora li troviamo per esempio nella mitologia Greca e Romana, in particolare nel capolavoro poetico del poeta Publio Ovidio Nasone, il quale nel suo lungo poema capolavoro Le Metamorfosi racconta le vicende della fanciulla Aracne.

Il mito di Aracne racconta la storia di una ragazza che vive nel villaggio di Ipepa, un piccolo villaggio della Lidia, situato nell’attuale Asia Minore. Figlia di Idomone di Colofone, un ottimo tintore di stoffe, Aracne è bellissima e abilissima nel tessere ogni tipologia di stoffe, siano esse lana, seta lino, canapa o cotone. La ragazza però è anche molto arrogante e presuntuosa. Un giorno infatti la sua arroganza la spinge addirittura a sfidare la dea Atena in persona. La dea Atena infatti si traveste da vecchia avvolta in un mantello e va a trovare la fanciulla riferendole di non essere così arrogante con la divinità e soprattutto di rispettare i propri confini. La fanciulla tuttavia non ascolta l’ammonimento della vecchia, dietro la quale si nasconde il vero volto della dea Atena, e continua con le sue azioni impertinenti rispondendo in modo arrogante ad Atena. A quel punto la dea cerca di punire l’arrogante fanciulla sfidandola in un duello. La sfida consiste nel tessere delle opere in oro e porpora. La ragazza accetta la sfida, ma quando Atena si accorge che le opere di Aracne superano per bellezza e perfezione le sue opere, la dea presa dalla rabbia e dall’invidia di essere stata superata , la colpisce con la spola. A quel punto Aracne scappa per suicidarsi. Ma Atena pensa ad una migliore vendetta: la dea decide di trasformare la giovane in un ragno. Ovidio è molto abile nel descrivere i particolari della trasformazione delle parti anatomiche di Aracne in quelle del ragno. Gli arti anteriori e posteriori vengono lentamente trasformati in orribili zampe di ragno, mentre il suo corpo rimpicciolisce. Inoltre Atena condanna Aracne ormai trasformata in ragno a tessere per sempre delle tele di un solo colore appesa ad un albero.

Secoli dopo il capolavoro di Ovidio, la vicenda di Aracne viene ricordata dal sommo poeta Italiano Dante Alighieri, nella sua monumentale Divina Commedia, nella seconda cantica Il Purgatorio, esattamente nel canto 12, nel quale così descrive Aracne :

“O folle Aragne, si vedea io già te mezza ragna, irta su li stracci, de l’opera che mal per te si fece” (2)

Le creature Aracniformi nell’opera di J. R. R. Tolkien ( 1892 – 1973 ) : Ungoliant e Shelob.

Le vicende mitologiche di Aracne le ho descritte per collegarmi direttamente al tema principale di questo scritto, ossia le creature Aracniformi della Terra di Mezzo creata da Tolkien. Con la mitologia classica e l’opera di Tolkien infatti, potrebbe esserci un profondo legame simbolico e archetipico. Nella variegata e affollata Terra di Mezzo troviamo innumerevoli creature, tra le quali spiccano per importanza gli alberi parlanti dotati di una grande saggezza secolare, chiamati  Ent, e le gigantesche e  antichissime Aquile. Poi c’è l’inquietante presenza delle creature Aracniformi. Nelle opere di J. R. R. Tolkien, queste creature compaiono essenzialmente in tre scritti : nel Silmarillion, nello Hobbit e nel Signore degli Anelli.  La prima vera creatura Aracniforme che appare nella storia della Terra di Mezzo è la gigantesca e perfida Ungoliant, alleata di Morgoth, con il quale collabora per l’oscuramento di Valinor. Questa terrificante creatura compare nel Corpus del Silmarillion, fin dalle sue prime stesure ed abbozzi. Ungoliant incarna perfettamente l’archetipo della morte e della distruzione. Ecco come la descrive J. R. R. Tolkien nel Silmarillion:
“ … Andando poi di albero in albero, Ungoliant accostò il suo nero becco alle loro ferite, fino a essiccarli affatto; e il veleno della Morte che era dentro di lei penetro’ nei loro tessuti e li imbozzacchi, radici, rami e foglie; ed essi morirono…” (3)
La gigantesca creatura inoltre rappresenta la metafora delle tenebre, le quali come delle ragnatele avvolgono il mondo e lo fanno sprofondare nelle Tenebre. Infatti J. R. R Tolkien nel capitolo del Silmarillion intitolato Dell’oscuramento di Valinor, descrive l’azione malvagia di Ungoliant nella Terra di Mezzo :
“ …. In un burrone viveva, e assumeva la forma di ragno dall’aspetto mostruoso, tessendo le sue tele nere in un crepaccio tra i monti. Qui vi succhiava tutta la luce che riusciva a trovare, e poi la filava in oscure reti di soffocante tetraggine, finché nessun altra luce riusciva a penetrare nella sua dimora; e allora era colta da fame…. “ (4)
Ungoliant può anche simboleggiare il potere distruttivo della voracità e della fame abnorme della natura che divora se stessa. Ungoliant a questo proposito è un personaggio Dionisiaco, tenebroso e oscuro, proprio perché incarna la voracità infinita della natura. Dopo avere avvolto in una nera tela il suo signore Melkor – Morgoth, Ungoliant è sempre più avida e mai sazia di linfa vitale. J. R. R. Tolkien in un altro passaggio a mio parere importante del Silmarillion, tratto ancora una volta dal capitolo Dell’oscuramento di Valinor, così descrive l’immensa e infinita voracità di Ungoliant:
“… E proprio in quell’ora Melkor e Ungoliant venivano di fretta sopra i campi di Valinor, così come l’ombra di una negra nube portata dal vento scivola sulla terra soleggiata ; e giunsero davanti al verde tumulo di Ezellohar. Poi il Buio di Ungoliant salì fino alle radici e Melkor balzò sul tumulo; e con la sua nera spada percosse fino al midollo ambo gli alberi, li ferì a fondo, e la linfa ne sgorgò quasi fosse sangue, e si sparse sul terreno. Ma Ungoliant la succhiò tutta, e andando poi di Albero in Albero, accostò il suo nero becco alle loro ferite , fino a essiccarli affatto; e il veleno di Morte che era dentro di lei penetrò nei loro tessuti e li imbozzacchì, radici, rami e foglie ; ed essi morirono. Ma la sete di Ungoliant non era ancora saziata,  ed essa andò ai Pozzi di Varda e li prosciugò; e mentre beveva eruttava neri vapori, gonfiandosi fino ad assumere una forma così vasta e orrenda, che Melkor ne fu spaventato …” (5)
Quindi Ungoliant assume una forma talmente gigantesca da mettere paura allo stesso Melkor,  questo passaggio è, a mio avviso, un passo importante perché può contenere il profondo significato simbolico della  Natura che con la sua potenza e voracità può incutere terrore perfino ad un Oscuro Signore. Ma la voracità e l’ingordigia di Ungoliant non si fermano qui.
Nel capitolo del Silmarillion , Della fuga dei Noldor,  Tolkien narra che Ungoliant brama divorare anche tutte le gemme che Morgoth ha rubato, ma egli non vuole cederle i Silmaril custoditi in uno scrigno. Ungoliant diviene talmente grande da fare impallidire lo stesso Morgoth, il quale è più debole a causa delle gemme già divorate da Ungoliant. Così continua Tolkien nel capitolo Della fuga dei Noldor :
“ Ma Ungoliant era diventata grande, ed egli s’era rimpicciolito per via del potere che aveva ceduto; ed essa gli si levò contro, e la sua nube gli si  serrò attorno, e Ungoliant lo avvolse in una serie di corregge avvinghianti con l’intento di strangolarlo. Allora Morgoth diede un terribile urlo e ne riecheggiarono i monti….” (6)
Il nome Ungoliant nel linguaggio Sindarin dovrebbe significare Grande Demone Ragno, mentre nella lingua Quenya il nome Ungweliante significa Ragno Orrido della Notte.
I discendenti di Ungoliant si sono sparpagliati successivamente nella Terra di Mezzo, andando a dimorare nei boschi e all’interno delle caverne. Alcuni dei suoi figli potrebbero essere i ragni che dimorano nel Boscoatro o Boscoscuro, con i quali combatte Bilbo Baggins con la sua fedele spada Pungolo. Grazie ad essa infatti libera i suoi compagni Nani dalle ragnatele nelle quali sono stati avvolti. Queste vicende le troviamo nel racconto Lo Hobbit. Molti anni più tardi nelle vicende del Signore degli Anelli incontriamo un nuova discendente di Ungoliant, anche lei femmina: di nome Shelob.

L’inganno di Shelob

Shelob abita le oscure caverne della Terra di Mezzo da innumerevoli anni. È così che Tolkien fa intendere nel suo romanzo Il Signore degli Anelli. Nella seconda parte delle Due Torri, Frodo e Sam vengono ingannati da Gollum, il quale racconta loro una menzogna: ossia l’unico modo per arrivare sul Monte Fato è quello di attraversare il sentiero di Cirith Ungol.  In realtà Gollum che è in combutta con Shelob, conosciuta anni prima, vuole farli divorare dal grande ragno in modo da impadronirsi dell’Anello. Cosi Frodo e Sam entrano inconsapevoli nella caverna di Shelob situata sotto la montagna di Cirith Ungol.  Nel capitolo La tana di Shelob, contenuto nel secondo libro  Le Due Torri, così viene presentata:
“ …. Eppure era ancora in quel luogo, colei che vi era arrivata prima di Sauron, prima che fosse posta la prima pietra di Barad – Dur ; e non serviva altri che se stessa bevendo avidamente il sangue degli Elfi e degli Uomini , grassa e gonfia per via dell’interminabile rimuginare i suoi banchetti, tessendo ragnatele d’ombra ; ogni essere vivente era il suo cibo, e il suo vomito era oscurità …“ (7)

Credits: Pinterest

Come si intuisce subito da questa descrizione , Shelob è praticamente come Ungoliant: avida, vorace e terribile. Dopo aver immobilizzato Frodo con il suo veleno e le sue spire, è Sam che come un grande Eroe che si rispetti, fa di tutto per combatterla. Con l’aiuto della luce contenuta nella fiala della regina Galadriel, riesce a ricacciarla  nelle Tenebre della sua tana ed evitare che Frodo finisca nelle sue grinfie.

Nel romanzo di Tolkien, Shelob compare nel secondo libro della trilogia, denominato Le due Torri, nel capitolo La tana di Shelob, mentre il regista Peter Jackson decise di farla apparire nella metà del terzo film della sua trilogia, Il ritorno del Re.
Il nome Shelob è l’unione del pronome She, che significa lei, e Lob, un  termine Inglese arcaico che dovrebbe indicare le creature Aracniformi come i ragni. Da questo termine deriva la parola Web, che indica appunto la ragnatela; con la quale oggi si nomina il mondo di Internet, il quale è strutturato proprio come una ragnatela.
C’è un piccolo dilemma che vorrei esporre in questo piccolo saggio: l’origine di queste creature Aracniformi come Ungoliant e sua figlia Shelob potrebbe essere una forza maligna che ha assunto  queste forme, oppure un essere femminile con sembianze di ragno? Nel videogioco del 2017 La Terra di Mezzo: l’ombra della guerra, il ragno Shelob è infatti una donna Mutaforma che ha scelto di assumere le sembianze di un ragno per sua comodità. Tolkien di tutto questo non fa cenno, però potrebbe essere un’affascinante ipotesi.

La metafora della tela nel “ Lai di Aoutrou e Itroun”

Ma nell’opera di Tolkien la presenza dei ragni e delle ragnatele continua ad essere una costante. Anche a livello metaforico e simbolico. È il caso del Lai di Aoutrou e Itroun, un poema in versi scritto da Tolkien originariamente nel 1930, pubblicato per la prima volta nel 1945 nella rivista Inglese Welsh Review, ma in Italia pubblicato soltanto nel 2023.

Il Lai di Aoutrou e Itroun narra la storia di una coppia che non riesce ad avere figli. Così Aoutrou si rivolge ad una fata malvagia, la quale non è altro che una strega, per farsi dare una pozione magica da fare bere a sua moglie. La coppia ha così due bellissimi gemelli, un maschietto e una femminuccia. Quando subito dopo Aoutrou torna nel regno nel quale dimora la strega, ella dice ad Aoutrou che vuole il suo amore, ma lui rifiuta. Così la terribile strega lancia un incantesimo maledizione ad Aoutrou. Quest’opera molto affascinante, creata da un lato più oscuro di Tolkien, è uno scritto decisamente diverso dai testi più leggeri come la fiaba Roverandom, il racconto Mr. Bliss o Le lettere di Babbo Natale. Infatti le creature Aracniformi e questo Lai sono forse la parte più oscura e più horror di Tolkien, caratteristica che avvicina molto l’autore Inglese ad alcune creature Lovecraftiane. L’ispirazione per il Lai potrebbe essere arrivata a Tolkien attraverso la conoscenza di alcune fiabe Scandinave, Irlandesi o Bretoni che narrano più o meno storie simili. In una di queste storie viene raccontata la vicenda di una coppia senza figli che si rivolge ad una maga, la quale consegna alla sposa una pozione. Dopo che la ragazza beve la pozione rimane incinta di due gemelli, un maschio e una femmina. Tuttavia la femminuccia si rivela oscura, mentre il maschietto luminoso. In questa fiaba sono narrate quindi anche le forze dell’Apollineo e del Dionisiaco, della luce e delle tenebre. Comunque sia, il passo del Lai di Aoutrou e Itroun dove è presente un richiamo simbolico alle ragnatele e ai ragni è il seguente:

…V’ era una strega che poteva tessere tele a derubar il cuore e intrappolar la mente/ bui incanti filava, pari a destro ragno / e mentre si filava essa rideva / approntava una pozione di forza e di spavento per i vivi legare e rianimare i morti / viveva in una grotta e la i pipistrelli si riparavano volando, e i gufi e i gatti andavano dopo la caccia nottivaghi con occhi acuti …“ (8)

Come si comprende da questo passaggio, Tolkien ha già nella sua immaginazione molti anni prima della creazione di Shelob l’immagine della tela e del ragno. E lo dimostrano anche le descrizioni di Ungoliant riportate in precedenza contenute nel Silmarillion, le quali risalgono addirittura a circa venti anni prima della stesura del Signore degli Anelli . Ciò testimonia che nella psiche di Tolkien l’immagine del ragno mostruoso è sempre stata presente.

Ma non solo nelle opere di Tolkien, ma anche in alcuni scrittori e registi contemporanei l’immagine del ragno – mostro è molto presente. Basti ricordare It, il romanzo di Stephen King, nel quale la presenza malvagia può assumere anche le forme di un ragno, oppure al film Coraline e la porta magica, del regista Henry Salick, tratto dal racconto di Neil Gaiman, Coraline. In questa storia un mostro mutaforma Aracniforme femminile di nome Beldam, assume le sembianze della vera madre di Coraline, facendosi chiamare L’Altra madre. E anche in questa storia si trova il tema delle ragnatele che intrappolano le loro prede.

Ancora una volta gli animali, siano essi mammiferi placentari, uccelli, rettili o insetti aracniformi, si dimostrano una fonte inesauribile di simboli e archetipi con la quale la psiche umana crea di continuo forme di narrazione per descrivere e raccontare il mondo intorno a noi con i suoi infiniti lati sia oscuri che luminosi che lo caratterizzano.

Scritto da: Fabrizio Manco
Note bibliografiche

( 1) J. R. R. Tolkien, Il Signore degli Anelli ; Le due Torri; cap. La tana di Shelob.

( 2 ) Dante Alighieri, La Divina Commedia; Il Purgatorio.

( 3 ) J. R. R. Tolkien, Il Silmarillion; cap. 8 : Dell’oscuramento di Valinor

( 4 ) Il Silmarillion; cap. 8 : Dell’oscuramento di Valinor

( 5 ) Il Silmarillion; cap. 8 : Dell’oscuramento di Valinor

( 6 ) Il Silmarillion; cap. 9 : Della fuga dei Noldor

( 7 ) Il Signore degli Anelli ; Le due Torri; la tana di Shelob

( 8 ) Il Lai di Aoutrou e Itroun.


Divulgazione Tolkeniana

Middle Earth Society of Italy